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sabato 31 marzo 2018

Il compleanno di Eric Clapton

  
Ha compiuto gli anni ieri, il 30 marzo, Eric Clapton, per tutti "Slowhand", uno tra i chitarristi più influenti e famosi al mondo.
Prima della sua folgorante carriera da solista Clapton ha fatto parte di gruppi che sono entrati nella storia del "Rock-blues": Yarbirds, Bluesbreakers, Cream, Blind Faith....
Nel 2014 pubblica un album dedicato a J.J. Cale, il chitarrista americano autore di "Cocaine", "After Midnight" e altri brani diventati cavalli di battaglia del repertorio di Clapton.
Ultimamente sta "combattendo" con una malattia degenerativa, e quasi sicuramente nel 2018 si ritirerà dalle scene!
Doppio Happy Birthday Eric!
Wazza



venerdì 30 marzo 2018

Ricordando Fausto Mesolella...

  
"Ho sognato i miei quadri, e dopo ho dipinto i miei sogni."
(Vincent Van Gogh )

Se ne andava il 30 marzo 2017 Fausto Mesolella, grande chitarrista, compositore, arrangiatore conosciuto ai più per aver fatto parte della "Piccola Orchestra Avion Travel"...
Per non dimenticare!
Wazza



mercoledì 28 marzo 2018

Next Station-“ Next Station”, di Gianni Sapia



Next Station-“ Next Station”
Di Gianni Sapia

Lentamente, una lettera dietro l'altra, una parola dopo l'altra, lentamente, come faccio sempre, come faccio per qualunque cosa che faccio. Lentamente. Anche se stavolta è un pò più difficile. I ragazzi li ho visti bambini, senza barbe e sempre accompagnati dai genitori, quindi è più difficile, la retorica è in agguato. Allora proverò a tenere lontano retorica e nostalgia, cercherò di non iniziare periodi con "mi ricordo" o con "quando eravate piccoli" o peggio ancora con "Dio come siete cresciuti!". Si cresce, si cambia, normalità. L'importante e non smettere mai di farlo. Crescere e cambiare intendo. Ma forse posso avere una via d'uscita, perché c'è lei e lei non l'ho vista piccola. Posso cominciare da lei e vedere come va. Lei è Daria, Daria Ciarlo, cantante di voce e carisma naturalmente fuori dalla media. La voce di Daria non è bella né brutta, sarebbe limitativo. La voce di Daria è affascinante, avvolgente, arrotante, riconoscibile, ipnotica e sfuggente come una diva del passato. Eclettica fino ad essere indisponente per la sua capacità di modulare le parole con tanta naturale spontaneità. Ha la capacità di rendere semplice il difficile, spontaneo l'impensabile, come i fuoriclasse. Maradona ti mandava in  porta con un tocco di prima o ne saltava quattro o cinque prima di far gol, così, senza pensarci, senza farlo apposta. Ecco, Daria ti affascina con la sua voce così, senza pensarci, senza farlo apposta. E poi c'è una squadra che la supporta da par suo: Luca Durante chitarra, Gabriele Pollicino basso, Lorenzo Rognone tastiere e Luca Burattini batteria. 


Una squadra affiatata che gioca con le note massimo a due tocchi. Un piacere sentirli suonare. I Next Station signori! Quattro ragazzi di Savona e una ragazza di Cogoleto che mi hanno fatto divertire un bel pò ascoltando il loro omonimo disco. Un disco pieno come un bignè alla crema. Reggae, dub, chiamatela come vi pare, io non la chiamo; l'ascolto, la sento e viaggio tra la mia mente, libero... e forse sogno. The Way apre le porte del ritmo e si capisce subito che i ragazzi ci sanno fare. A Daria basta un "oh-na-na-na" per ipnotizzarti e l'amalgama di suoni della band fa il resto e sei fatto. Comincia il viaggio. Con If non cambia l'atmosfera, ma cambiano le sensazioni, peculiarità di tutto il disco, che pur mantenendo la stessa coreografia riesce a intrufolarsi a volte nel cervello, a volte nel cuore o nello stomaco, nel fegato, tra le mani, davanti agli occhi. Cullati dal mare, sdraiati sul materassino di Senseless, sotto il sole lucente di Overcome, si arriva a Sunflower  e "il naufragar m'è dolce in questo mare". è che quando una cosa mi piace resto senza parole, allora ho chiesto un aiutino. Ma la sensazione è proprio quella. Sunflower è un pezzo bello, curato, coccolato e la chitarra finale di Luca Durante lascia intravedere orizzonti ancora più grandi per i Next Station, sospesi tra Giamaica, Chicago e New Orleans. La variabilità di I Go Crazy mantiene la promessa di solleticare anche la pelle e Daria e squisita quando arrota la erre. Un pezzo d'ironico romanticismo. Anche Alurem non riesce a nascondere i tanti orizzonti che i ragazzi sanno aprire e fa da apripista all'eclettica Darknight. Non sono un critico musicale, né mai lo sarò e né lo voglio essere. Riesco giusto a criticare me stesso o la Samp quando gioca male, figuriamoci la musica! Quello che posso dire è che Darknight è un pezzaccio, questo lo posso dire! è musica plasmata dal talento. è genialità. Attraversa l'irregolare e si forma nell'irrazionale e più la sento e più mi piace. WOW! Per dirla tutta. I ragazzi chiudono divertendosi con Senselessdub, cercando di farci atterrare sul mondo con meno traumi possibili. Lentamente. Una nota dietro l'altra che si rincorrono nell'eco. Lentamente. Come piace a me. Come mi piace Next Station. Tutto Next Station, disco e band! Dovete sentirlo, perché i dischi belli vanno sentiti, non "scritti". Per quante parole io possa cercare, magari inventare, non sarò mai all'altezza. Aldous Huxley disse: «Dopo il silenzio, ciò che si avvicina di più nell'esprimere ciò che non si può esprimere è la musica». Quindi ascoltate i Next Station, anzi, sentiteli.  E non pensate che io possa essere di parte solo perché li ho visti bamb... niente retorica, come avevo promesso. E buon viaggio.


TRACKLIST
The Way
If
Senseless
Overcome
Senseless Dub








martedì 27 marzo 2018

Il compleanno di Tony Banks...

Compie gli anni oggi, 27 marzo, Tony Banks, tastierista e membro fondatore dei Genesis. Compositore di quasi tutte le musiche del gruppo, è considerato uno dei più talentuosi e innovatori del rock progressivo.
Ha registrato album solisti, ma non ha avuto la fortuna dei suoi ex compagni dei Genesis (Gabriel-Collins-Hackett).
Ultimmente si… "diverte" a comporre colonne sonore o suite per orchestre!
Happy Birthday Tony!
Wazza



domenica 25 marzo 2018

UK: accadeva nel marzo del 1978



Esattamente 40 anni fa, nel marzo del 1978, usciva il primo album omonimo degli UK, supergruppo progressive formato da artisti del calibro di John Wetton, Bill Bruford, Allan Holdsworth e Eddie Jobson.
Un album diventato un classico nel suo genere, che mette in risalto il virtuosismo dei musicisti.
Di tutto un Pop…
Wazza 

(leggi recensione… e procuratelo!)



UK, UNA PERLA A TEMPO SCADUTO

Lalbum U.K., realizzato dalla band omonima nel 1978, è grande disco crossover. E’ il prodotto del supergruppo formato da quattro musicisti principeschi: due magnifici co-leader (Bill Bruford e John Wetton), uno stimatissimo session man (Allan Holdsworth) e un emergente (Eddie Jobson).
Il disco è un crossover tra Jazz-Rock e Progressive; ottimo esempio di opera che ha differenti traiettorie musicali, utile anche per chiarire in tal senso alcuni profili. In questo album dominano le componenti e il carattere Jazz-Rock, tuttavia può confondere il fatto di essere in parte cantato e che alcuni membri del gruppo abbiano avuto esperienze legate al Progressive e dintorni.
U.K. è un album prevalentemente Jazz-Rock perché ci sono molte sezioni di natura modale e molto spazio per parti strumentali sia come assoli sia come temi e unisoni (virtuosistici), molte parti ritmiche e metriche complicate: anche nel Prog cè questo, tuttavia non così preminente e strutturale. Laddove non propriamente dimpianto modale, le armonie sono più semplici di quelle tipiche del Prog, e al contempo i temi melodici (anche quelli cantati) sono di discendenza Jazz: né pentatonici-rockeggianti né classicheggianti. Anche le forme dei brani sono mediamente meno complesse di quelle Prog, seppur con atmosfere rapidamente mutevoli. Il clima di fondo di tutto il disco, il suo mood essenziale, è scuro, nervoso e aguzzo; più tipico del Jazz-Rock che del Prog.


Veniamo ai brani.

In The Dead Of Night è il magnifico pezzo di apertura che ostenta la traiettoria Jazz-Rock: modale, in 7/8 e con lungo assolo. Introduzione su una nota e un minimale riff di tastiere, poi Wetton canta un incalzante motivo di pochissime note, poco dopo si distende, ma dura pochissimo, dopo solo trenta secondi s’innesta un tema strumentale (chitarra e basso), un lungo ponteriprende il cantato, si ripete la sezione strumentale, si giunge allassolo di Holdsworth. Ripresa di una precedente sezione (quella a 1.01) per il finale.
Senza soluzione di continuità (grazie ad un serratissimo
drone di tastiere in 5/4 che si era sovrapposto in coda al primo brano) giunge By The Light Of Day. Per contrasto si sovrappone un pacato cantato, che riprende in parte il motivo del pezzo precedente; entra la batteria e breve assolo del violino elettrico di Jobson interpolato con un ponte cantato. Poi sezione strumentale, la conclusione è affidata soltanto alle tastiere. Senza interruzione sinnesta Bruford e comincia Presto Vivace And Reprise dominato da un terrificante e lungo tema esposto dalle tastiere, contrappuntato dal basso, e qua e là doppiato dalla chitarra; del tutto asimmetrico. Incedere zappiano, però meno ironico e più cattivo. La parte Reprise è inerente a In The Dead Of Night e occupa la sezione centrale e finale: mediante lassenza dinterruzioni tra questi tre brani e le riprese di un paio di temi, è data consistenza al progetto di un brano di dodici minuti.
Thirty Years, grande introduzione di tastiere a mo di archi e chitarra acustica. Dopo circa un minuto la voce filtrata di Wetton traccia un tema complesso. A circa 3.30entra la ritmica (basso e batteria) e la chitarra elettrica: prima un disteso motivo, poi la musica si compatta, si acumina e complica... Obbligati, assoli, interpolazioni asimmetriche; riprende il cantato prima del gran finale capitanato dallelettrica di Holdsworth che plana su un tappeto di tastiere per la conclusione.
Alaska è un brano del tutto strumentale: ancora sintetizzatori per la lunghissima e solitaria introduzione di Jobsondopo quasi tre minuti tutto il quartetto è allopera per le parti sincopate, dispari e aggressive. La parte terminale rammenta alcune cose più cupe degli ELP; senza interruzione sinnesta un accordo esposto con cori e il cantato del brano successivo, Time To Kill. Scattante, con la melodia che alterna parti in 4/4 e 15/8. 
Dopo circa 30, sempre su un fitto tessuto di tastiere, altra sezione; ne succedono altre prima di quella strumentale (1.49
), che sembra frutto di un edit. Su un aggressivo e sincopato riff (composto di una nota bassa ripetuta) in 18/8 sinserisce lassolo di violino elettrico; seguono alcune variazioni e si arriva al finale, che riprende la parte del cantato (quella a 1.11).
È la volta di Nevermore. Due chitarre acustiche, poi l
immancabile sinth-tappeto di Jobson, quindi batteria e cantato per un brano rapido e sinuoso. La melodia, alquanto jazzistica e triangolare, potrebbe giungere dal song-book di Robert Wyatt; dopo poco tre minuti, assolo di Holdsworth, seguono duetti tra lui e le tastiere di Jobson. Obbligati in unisono, distensione e rientro del cantato. A circa 520, su una nota tenuta dalla voce di Wetton (doppiata dal sinth), suggestiva sezione con droni e tappeti di tastiere. Ancora un pò di voce e chitarra elettrica. Breve coda di tastiere in dissolvenza.
Mental Medication, ultimo brano, non dissimile dal precedente in quanto a strutturazione melodica e armonica di derivazione jazzistica. Lintro è esposta con pochi ma sofisticati suoni di chitarra e violino elettrici; poi la voce di Wetton. Segue sezione A con entrata della ritmica. La parte B è basata su un complesso obbligato. Ancora A, poi nuova e complicata sezione strumentale. A 4.30assolo di violino elettrico su una base sempre modale. A 6.06rientra la voce esponendo brevemente il motivo dellintro, si arriva verso il termine con la voce che lascia il posto a un esercito di chitarre elettriche armonizzate; il disco termina su un accordo di tastiere.


Tutte le meravigliose esperienze anglo-francesi di questa speciale commistione tra cantato e strumentale, a cavallo tra Jazz-Rock e Prog (Magma, Gong, King Crimson, Matching Mole, Hatfield and The North e altri), sfociano brillantemente in questo U.K..
Sempre a nome U.K. si è proseguito parzialmente nel
79 con il disco Danger Money (in trio, senza Bruford e Holdsworth e con il bravissimo batterista statunitense Terry Bozzio). Un album non al livello del precedente. Molto meglio i susseguenti dischi solisti di Bruford (omonimo del 78, One Of A Kind del 79 e Gradually Going Tornado dell80) e di Holdsworth (I.O.U. dell82, Road Games dell83 e Metal Fatigue dell85), i quali sostituiranno i residuali stilemi Prog con alcuni elementi Fusion (allepoca più attuali): giunsero così a una musica moderna che, ad oggi, risulta ancor più pregiata anche per questo fattore di estrema e alta sintesi musicale. Sintesi smarrita da decenni, con i gruppi della nuova generazione persi in meandri di soluzioni convenzionali e abilità camuffate con i digitali edit dellhard disk recording.

sabato 24 marzo 2018

Pink Floyd: accadeva nel marzo del 1977


Nel marzo del 1977 partiva dall'Empire Pool di Londra il tour di Animals, chiamato "In the Flesh Tour", le 5 date londinesi furono "Sold Out".
Subito dopo partirono per un gigantesco tour nel Nord America.
di tutto un Pop
Wazza


(recensione Melody Maker)
15-16 marzo 1977

Empire Pool, Wembley. Middlesex

Originariamente i concerti erano previsti dal 17 al 20 marzo ma per ragioni non ben identificate la data del 16 andò a sostituire quella del 20. Fu poi aggiunta un'altra serata, il 15, vista l'enorme richiesta di biglietti per gli altri spettacoli, già esauriti. Sheep. Pigs On The Wing Pt 1. Dogs. Pigs On The Wing Pt.2. Pigs. Shine On You Crazy Diamond Pts. 1-5. Welcome To The Machine. Have A Cigar. Wish You Were Here. Shine On You Crazy Diamond Pts.6-9.

Bis: Money.


"Per i Pink Floyd è giunto il momento di riprogettare lo spettacolo dal vivo. Si esibiscono in arene vaste e ventose ma non fanno nulla per rendere più 'umani' i loro concerti: l'atmosfera che ne risulta è quella di alcune migliaia di robot che rispondono a un computer. La serata di mercoledì all'Empire Pool di Wembley non ha fatto eccezione. È stato come sedersi al buio in casa propria e ascoltare i loro dischi a un volume un po' più alto di quello che ci permetterebbero i nostri vicini, con più acuti di quello che chiunque vorrebbe ascoltare e un maiale gonfiabile sospeso sulla testa. È rock questo? Una band che esegue i suoi ultimi due album con meno variazioni possibili? È stato tutto talmente freddo, impeccabile e distaccato. I Floyd hanno modificato l'intero concetto di rock; hanno trasformato il palco in uno studio di registrazione in presa diretta, rinunciando al vincolo umano tra artista e pubblico." (Melody Maker)



venerdì 23 marzo 2018

Il compleanno di Franco Battiato


Non voglio sentirmi intelligente guardando dei cretini
voglio sentirmi cretino guardando persone intelligenti.
Franco Battiato

 Buon compleanno Maestro…
Wazza


Erano anni terribili, con le stragi di Capaci, di via d'Amelio, di Firenze e Milano.

Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere
di gente infame, che non sa cos'è il pudore,
si credono potenti e gli va bene quello che fanno;
e tutto gli appartiene.

Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni!
Questo paese è devastato dal dolore...
ma non vi danno un po' di dispiacere
quei corpi in terra senza più calore?

Non cambierà, non cambierà
no cambierà, forse cambierà.

Ma come scusare le iene negli stadi e quelle dei giornali?
Nel fango affonda lo stivale dei maiali.
Me ne vergogno un poco, e mi fa male
vedere un uomo come un animale.

Non cambierà, non cambierà
si che cambierà, vedrai che cambierà.

Voglio sperare che il mondo torni a quote più normali
che possa contemplare il cielo e i fiori,
che non si parli più di dittature
se avremo ancora un po' da vivere...
La primavera intanto tarda ad arrivare.

giovedì 22 marzo 2018

La Coscienza di Zeno-Live a La Claque, di Andrea Zappaterra


La Coscienza di Zeno-Live a La Claque
24 Febbraio 2018
Di Andrea Zappaterra

Mi incuriosiva ascoltare dal vivo La Coscienza di Zeno, sia perché conoscendo lavori pregressi dei singoli componente ero rimasto piacevolmente sorpreso, sia perché il caso mi aveva sempre fatto, solo, sfiorare la partecipazione ad un loro concerto.
E l’occasione è arrivata il 24 febbraio scorso, con una serata fantastica in cui i CDZ, festeggiando il proprio decennale, si esibivano insieme agli UTO (Universal Totem Orchestra) sul palco de La Claque, a Genova.
E le mie aspettative non sono andate deluse, anzi, la performance ha aumentato il mio desiderio di conoscenza della band.

Iniziano gli UTO con alcuni brani Jazz/Rock veramente straordinari, in cui la voce della cantante Ana Torres Fraile dialoga con la chitarra di Daniele Valle, con sonorità riecheggianti i favolosi Area e i Soft Machine, e con virtuosismi al pari dei sopracitati gruppi.
Alle 23.00 circa comincia la tanto attesa performance, con un palco mirabilmente illuminato dai tecnici de La Claque, uno dei pochi locali dove è ancora possibile ascoltare musica pregevole.



Entrano un pò in sordina e si comincia. Le note del pianoforte di Luca Scherani aprono il concerto, quasi inaspettatamente, con l’assolo di piano de “La Città di Dite”, e il palco si illumina di luce e colori mentre fa il suo ingresso Alessio Calandriello, voce del gruppo, che con la sua esuberante personalità intona i primi versi.
E’ incredibile come i brani di questi musicisti sembrino fuoriuscire dalla tua mente come se li avessi concepiti tu stesso: ogni controtempo e ogni accordo sono in sintonia con la concezione musicale, cosa che solo i grandi musicisti sanno fare. Per un attimo mi viene in mente quel filosofo che sosteneva che il sapere (evidentemente anche quello musicale) è dentro di noi, congenito ed inconscio, ed il compito dell’insegnante - o del musicista in questo caso - è quello di portarlo allo stato di coscienza.
Si susseguono vari brani, dai conosciuti “Acustica Felina”, “Giovane Figlia “ e “Il Giro del Cappio” sino ad alcuni brani inediti, contenuti nel prossimo disco che uscirà a breve.
Rimango ancora una volta sbalordito dalle note e dagli accordi che poco hanno da invidiare ai grandi classici del passato, sensibilità e classe da vendere. Il ritmo ben cadenziato   gestito da Andrea Orlando e Gabriele Guidi Colombi non perde un colpo, mentre la voce di Alessio, graffiante e modulata, si accompagna con la chitarra del nuovo elemento Gianluca Origone, mentre le tastiere e i sintetizzatori del grande Luca Scherani danno il tocco poetico al tutto.
Il tempo trascorre veloce, in un crescendo esaltante di piacevole sonorità, ed il pubblico li acclama giustamente.
C’è anche Stefano Agnini tra il pubblico, autore di numerosi testi e brani del gruppo, sicuramente uno dei migliori arrangiatori (mi si passi il termine anche se lui è molto di più) del panorama prog genovese.
Infine le foto di rito e la consapevolezza di aver assistito all’ottima performance di un gruppo che gode di ottima creatività, in un mondo dove diventa sempre più raro trovarla.


mercoledì 21 marzo 2018

Il giorno 21 dedicato a Big Francesco



"Migliaia di candele possono essere accese da una singola candela e la luce di quella candela non ne sarà diminuita. La felicità non diminuisce mai quando viene condivisa."
(Buddha)


21 Marzo

Buon viaggio Capitano. Ci sarai sempre!
Wazza

Ricordo da "Rock.it

La furia progressive fortemente debitrice del jazz rock del John Mc Laughlin di Devotion (lalbum) che apre il brano e lascia poi spazio a climi più meditativi in cui riaffiora uneco lontana del melodramma italiano funge da base perfetta per un testo fortemente antimilitarista e pacifista che dipinge uno scenario di guerre lontane, comunque pre-polvere da sparo, che risulta sempre attuale nella sua drammaticità.

Ma quella dellimpegno è solo una delle facciate di Francesco Di Giacomo, un ribelle con i neuroni sempre in corto circuito”, come lo ha definito Lucio Salvini. Nel disco successivo, Darwin, ambizioso concept dedicato allevoluzionismo, registrato e uscito in quello stesso 1972 dalla vorticosa creatività, spicca un brano che è emblematico di un altro lato di Di Giacomo: 750.000 anni fa-Lamore?

Tra musica, testo e superba interpretazione, sentitissima, di Francesco Di Giacomo, il brano è un intensissimo capolavoro che scava nellinteriorità nella zona di confine tra desiderio sessuale e dubbi sulla propria avvenenza e seduttività. Dai tempi in cui eravamo “uno scimmione senza ragion” non è cambiato nulla e la magia delle parole e della voce di Di Giacomo rende credibile tanto la storia quanto il verso conclusivo appena citato.

C’è un terzo brano che sento di dover citare del Banco del Mutuo Soccorso, forse il suo più famoso, primo a essere edito anche in 45 giri, nel gennaio 1973, come apripista del terzo album Io sono nato libero (il cui titolo fu suggerito da Lucio Salvini), ed è Non mi rompete.

Elogio del sonno come fuga dalla realtà, tanto più se si tratta di una realtà drammatica come quella di cui parla il resto del disco (Canto nomade per un prigioniero politico è ispirata alla fine di Salvador Allende dopo il colpo di Stato fascista in Cile; La città sottile parla del disagio dellurbanesimo”, secondo quanto ha dichiarato Vittorio Nocenzi a Classic Rock 5; (“Dopo niente più è lo stesso” riprende i temi dell’antimilitarismo di R.I.P.), “Non mi rompete” non solo definisce inconsapevolmente l’intera parabola progressive e hippy, nonché laurea stagione dei Festival Pop italiani, di cui sembra lideale colonna sonora con la sua ariosa ansia di libertà, ma - per i tempi - fu pure una canzone estremamente coraggiosa. Ha dichiarato infatti Di Giacomo:

Ricordo che, dopo luscita di questa canzone, mi arrivò una lettera di una ragazza che chiedeva: Perché i compagni lottano in fabbrica e tu scrivi Non mi rompete?” In quel momento ho capito che avevo fatto gol, nel senso che i compagni lottano nelle fabbriche e io sono con loro, ma la sera posso avere 5 minuti per stare per i cazzi miei? Momenti come questi, 5 minuti di relax, non sono dispersivi, anzi, il recupero della lucidità e delle proprie sensazioni credo sia fondamentale anche perché già è difficile arrivare alla fine della propria giornata.

Il brano era stato composto diversi anni prima, nel 1969, come ha raccontato Vittorio Nocenzi a Classic Rock 5:

Scrissi questo pezzo a diciotto anni e poi lo misi in un cassetto. Pensavo: è troppo semplice, sono solo due accordi! Da giovani si può commettere lerrore di credere che la complessità sia sinonimo di qualità. Solo con il passare degli anni un artista comprende che sintesi non significa semplicistico”. La scrissi una domenica mattina, guardando le cave di Peperino dalla finestra di una vecchia casa medievale di Marino, il paese in cui sono nato.

Poi arrivò Di Giacomo:

Era dedicata a un momento particolare, serio, di grandi fermenti. Era il 1973. Lho scritta in un momento di totale disancoramento da tutto quello che cera intorno. Volevo stare per conto mio. Lho scritta sotto a un pianoforte, con Vittorio Nocenzi che suonava sopra. Io stavo sotto al pianoforte, cercando di dormire. E poi me la sono trovata scritta.

Non stupisce che sia stata tra i brani ripescati e reinterpretati per il disco del debutto internazionale, quel Banco di cui parlavo allinizio. Tra i fans ci si divide ancora tra chi preferisce la furiosa schitarrata di Todaro nel passaggio alla seconda parte della canzone e chi il tocco più morbido del nuovo chitarrista Rodolfo Maltese.

A me piace immaginarlo così, ora: nel vento suggerito dai vocalizzi finali, libero per sempre dagli scocciatori. Che non debba più fare come quella volta al Festival di Villa Pamphilij a Roma, il 27 maggio 1972, quando si rivolse a uno spettatore che continuava a gettare zolle di terra sul palco a ogni cambio palco: Possibile che in questa città non si possa mai fare nulla, senza lo stronzo di turno? E quello smise. Addio, Francesco. (Da: rockit.it)